Le vittime di de Magistris

Tritacarne De Magistris: chi risarcirà le sue vittime? - da Panorama
Ristorante La Buvette di Catanzaro: è il cuore politico della città all’ora di pranzo. Il peperoncino abbonda, si parla a bassa voce, ma in un angolo la discussione sale fino a quando un anziano signore si alza, batte i pugni sul tavolo e grida: «Io non devo dire niente. Io sono Mariano Lombardi e lui non è nulla. La verità verrà a galla». Così il magistrato dell’accusa al processo per la strage di piazza Fontana, capo della Procura di Catanzaro per 40 anni, nel 2007 gridava a chi gli chiedeva di rispondere a Luigi De Magistris che lo accusava di avergli sottratto le inchieste Poseidone e Why not per tutelare i poteri occulti. Lombardi immaginava sarebbe stato rinviato a giudizio dai giudici di Salerno, come poi è avvenuto il 18 dicembre 2010. Lombardi voleva difendersi in aula, ma il 1° marzo è morto a 76 anni. Se n’è andato così uno dei protagonisti delle indagini dell’ex pm De Magistris, oggi eurodeputato dell’Idv e candidato sindaco al Comune di Napoli.  Inchieste oggetto di dure polemiche e di guerre tra procure, finite nel nulla ma costate cifre colossali ai contribuenti. Dieci milioni il costo dell’inchiesta Why not, alcuni milioni quella di Toghe lucane, che il 19 marzo scorso è finita al macero con il marchio del gip Maria Rosaria di Girolamo: mancavano le prove e non c’era neanche la notizia di reato. «Gigineddu Flop» avevano ribattezzato De Magistris. Ecco che cosa dicono di lui sette dei suoi indagati.

CLEMENTE MASTELLA
Una delle prime vittime illustri di De Magistris è Clemente Mastella. Come ministro della Giustizia del governo Prodi, nel settembre 2007 chiede al Csm il trasferimento di De Magistris da Catanzaro e pochi giorni dopo il pm lo indaga accusandolo, nell’inchiesta Why not, di appartenere a un comitato d’affari formato da politici, imprenditori, servizi segreti e logge massoniche. Fra gli altri indagati Romano Prodi, all’epoca presidente del Consiglio. Nell’aprile del 2008 il gip Tiziana Macrì assolve Mastella, accogliendo la richiesta di archiviazione della procura generale, per la quale «mancavano assolutamente i presupposti per l’iscrizione e successivamente non sono sopravvenuti elementi nuovi». Mastella accusò De Magistris di avere usato la toga per arrivare alla politica e chiese i danni all’ex magistrato, che si barricò dietro l’immunità parlamentare. Come ha fatto di recente per un’altra querela ricevuta da una società che si occupa del restauro di Bagnoli.

ENZA BRUNO BOSSIO
Con l’inchiesta Why Not, De Magistris diventa una star del sistema mediaticogiudiziario. «È ormai chiaro che cercava il clamore per entrare in politica» dice di lui Enza Bruno Bossio, convinta che l’ex pm l’abbia coinvolta nell’indagine «per colpire mio marito Nicola Adamo, uomo di spicco della sinistra calabrese e all’epoca vicepresidente della giunta regionale guidata da Agazio Loiero». Manager in carriera, Bruno Bossio è la prima a essere indagata: De Magistris l’accusa di contatti con la loggia massonica di San Marino per dirottare fondi Ue. Nel gennaio 2011 viene assolta dal gup di Catanzaro Abigail Mellace: «Il fatto non sussiste». Il giudice accerta che la loggia San Marino non esisteva e nella sentenza scrive che le accuse erano basate su fatti «certamente e radicalmente insussistenti, essendo il frutto di una di quelle tante, troppe, eclatanti rivelazioni che alla fine delle indagini non hanno trovato alcun conforto probatorio». A 53 anni, Enza Bruno Bossio si ritrova disoccupata e «mantenuta dal marito». Le resta l’impegno nella direzione nazionale del Pd, dove conduce una battaglia quasi solitaria per una giustizia giusta.

ANTONIO SALADINO
Tutti gli indagati di De Magistris dicono di avere sofferto «la gogna mediatica». Antonio Saladino, presidente della Compagnia delle opere in Calabria dal 2007 al 2010 e principale imputato di Why not, dopo avere contato 3.500 articoli a suo carico e 30 ore di televisione, ha querelato una trentina di giornalisti. Assolto dalle accuse di violazione della legge Anselmi, associazione per delinquere, truffa e frode nelle forniture pubbliche, è stato condannato a due anni per concorso in abuso di ufficio: «Ma non è stato individuato quale fosse l’abuso né chi l’avesse compiuto» dice Saladino, convinto che in appello sarà assolto. E ricorda che il gup Mellace ha mandato al pm le deposizioni della principale teste d’accusa, Caterina Merante, e di un collaboratore di De Magistris, per indagare su presunte irregolarità. «I politici mi segnalavano chi aveva bisogno e presto la gente cominciò a rivolgersi direttamente a me. Ho dato lavoro a 10 mila persone, ma mi avevano avvisato: “Attento, così rompi la catena del bisogno”» dice Saladino, ricordando che la sua società di lavoro interinale, la Need, 480 mila euro di fatturato annuo un tempo,  ormai è defunta. Gli resta una fabbrica di caramelle, ma intanto ha dilapidato 140 mila euro in spese legali. «Soffro di ansia, i miei familiari si sono ammalati e a mio padre è venuto il cancro. Molti mi hanno voltato le spalle, anche in Comunione e liberazione. Cosa ho sbagliato? Sono stato un sognatore: pensavo di poter cambiare la Calabria».

FELICIA GENOVESE
Felicia Genovese era il coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Potenza; suo marito Michele Cannizzaro era il direttore generale dell’Ospedale San Carlo: nel 2007 De Magistris li accusa di far parte di un comitato d’affari con alti magistrati, ufficiali dei carabinieri e imprenditori. Lei viene trasferita a Roma, come giudice, suo marito si dimette dall’incarico e torna a fare il medico. Il 19 marzo 2011 il gip di Catanzaro Maria Rosaria di Girolamo archivia l’inchiesta per i 30 indagati di Toghe lucane: «Manca il carattere fondamentale dell’esistenza di un accordo criminoso volto a perseguire uno scopo comune» scrive il giudice, che definisce «insussistenti » le accuse. «Mia moglie» racconta Cannizzaro «era la bandiera dell’antimafia in Basilicata. Per 15 anni ha avuto la scorta, era stata minacciata. Quando è stata mandata a Roma, per due anni è tornata tutti i weekend a casa, da sola, in pullman, per stare vicina a nostra figlia che aveva 16 anni».

MICHELE CANNIZZARO
«I miei figli si vergognano a uscire» spiega il marito di Felicia Genovese: «Il maggiore era avvocato a Bologna, ma è tornato a casa per starmi vicino». Non si dà pace l’ex manager di un ospedale modello per il Sud che si è visto la carriera distrutta da «un pm missionario divenuto famoso sulla nostra pelle»: «Ero un bravo direttore generale, avevo dimezzato la migrazione sanitaria da questa regione». Ai Cannizzaro l’inchiesta Toghe lucane è costata «quattro anni di vita passati a spulciare carte giudiziarie e diverse centinaia di migliaia di euro tra spese legali e altro. Ma non è nulla rispetto all’onta che abbiamo subito. Io sono cattolico e sono pronto al perdono. Ma certe ferite non si dimenticano».

VINCENZO VITALE
L’imprenditore Vincenzo Vitale, titolare di un resort di lusso a Marinagri di Policoro (Matera), per De Magistris era stato favorito dal comitato d’affari di Toghe lucane. Ma il gip di Girolamo lo ha assolto perché, malgrado «l’enorme mole di materiale probatorio», l’impianto accusatorio è «lacunoso», tanto da poter affermare senza dubbio «l’insussistenza della fattispecie penale ipotizzata». «De Magistris appartiene al passato, saranno gli avvocati a occuparsi di lui» spiega l’imprenditore, che non ha intenzione di perdonare i danni subiti: «12 milioni di danni reali, il cantiere bloccato per due anni e mezzo. Prima dell’inchiesta, con l’indotto avevamo 2 mila lavoratori. Ora siamo ripartiti, c’è lavoro per 500 persone, abbiamo realizzato il 40 per cento del progetto, ce la faremo». Ma non è tutto: a Policoro si è costituita l’associazione Vittime di De Magistris, composta da lavoratori e imprenditori che hanno subito gli effetti collaterali dell’inchiesta.

GIANCARLO PITTELLI
Di cause civili contro De Magistris oggi parla anche il senatore Giancarlo Pittelli del Pdl. Fu indagato nell’inchiesta Poseidone, poi fu prosciolto, e ora è a giudizio a Salerno dove l’ex pm lo ha denunciato perché avrebbe agito per fargli togliere le sue inchieste a Catanzaro: «Di fronte all’ennesimo fallimento» dice «De Magistris lamenterà ancora complotti dei poteri occulti. Ma le sue inchieste vanno lette tutte insieme. E prima o poi capiremo perché sono nate».
di damiano.iovino
Martedì 12 Aprile 2011
http://blog.panorama.it/italia/2011/04/12/tritacarne-de-magistris-chi