Dopo aver toccato vette di autocitazionismo francamente inaccettabili con Finalmente la felicità, Leonardo Pieraccioni, il sempregiovane della commedia italiana, torna nelle sale con un film (era ora) di segno opposto rispetto al recente passato. Un film che la critica ha già stigmatizzato (con definizione sempre più abusata) della maturità artistica.
Fortunatamente Il ragazzo di provincia, un po’ sfigato e buffo, il cazzaro di talento, sedotto e non abbandonato dalla modella di turno (preferibilmente sudamericana), sembra essere definitivamente alle spalle. In Un fantastico via vai troviamo (finalmente!) un Pieraccioni cinquantenne non intento a falsificare i propri dati anagrafici, con le sue rughe, segni inconfutabili del tempo. Il protagonista del film, Arnaldo, è la controfigura, ingrigita e matura, di Levante, il giovane ragioniere la cui vita viene improvvisamente sconvolta dal Ciclone dell’amore, nell’omonimo film Cult del 1996.
La vita di Arnaldo, efficiente e innamorato impiegato di banca, padre di due gemelle e marito smemorato di Serena Autieri si trascina senza colpi di scena, in una comoda quanto soporifera routine.
Da un banale misunderstanding nasce un litigio in cui emergono tutte le insoddisfazione del rapporto di coppia, Arnaldo viene all’improvviso cacciato di casa. Ma la vita, ed è qui la morale, un po’ buonista ma efficace del film, può ricominciare a 50 anni, accettando di mettersi in gioco, convivendo e condividendo con un gruppo di studenti fuori sede le ansie e le aspettative della vita.
Pieraccioni, tuttavia, non fa del suo film un Laureati 2.0 né si perde nello spirito da revival cafonal del Jerry Calà di Torno a vivere da solo. Un fantastico via vai è una riflessione, con lo sguardo della favola, sui segni del tempo, una fotografia un po’ nostalgica un po’ commossa della giovinezza. Pieraccioni gioca nel film a fare lo zio saggio “Non sarete mai cosi belli e forti come adesso, dovete rischiare, avere coraggio” , sentenze che sembrano prese da un comizio di un Renzi qualunque, ma che non disturbano in un contesto leggero che scade solo di rado nella retorica buonista. Anche perché Arnaldo, a contatto con i suoi coinquilini, ventenni, incasinati e insoddisfatti, più che insegnare impara a ritrovare il coraggio di osare e di compiere scelte per troppo tempo rimandate.
Qualcuno potrà obiettare che, nelle vite incrociate dei quattro giovani fuorisede non trovano mai spazio parole come precarietà, crisi economica, disoccupazione. Ma Pieraccioni non è Virzì e Un fantastico via vai non è e non potrebbe essere Tutta la vita davanti. Il regista di Fuochi d’artificio e Pesce innamorato, si muove da sempre nel solco della commedia disimpegnata/ sentimentale e anche questo film non fa eccezione. Siamo ben lontani però, ed è un bene, dai cinepanettoni in salsa toscana che il regista e attore ha sfornato con puntualità svizzera negli ultimi anni.
C’è una storia (quasi credibile) e un soggetto portato avanti con delicatezza e misura. E c’è una coppia Battista/Marzocca che regala momenti di vera comicità guadagnandosi (si spera) un futuro più che roseo nel panorama italiano. Le ultime due considerazioni sono per la cantautorale colonna sonora dell’esordiente Colore e la prova maiuscola di Marianna Di Martino, modella siciliana seconda a Miss Italia nel 2008.
Stefano Vosa